Nel linguaggio parlato informale, nel caso cioè di interazione comunicativa che non richieda tono sostenuto e autocontrollo linguistico – insomma, se si sta chiacchierando tra gente che si conosce, tra amici, tra persone con cui si è in confidenza –, senz’altro la doppia espressione del pronome personale, prima nella forma tonica (me), vale a dire la forma su cui cade l’accento tonico, poi in quella atona (mi), priva di accento, è certamente consentita. In una situazione di parlato o, ancor più, di scritto formale (un colloquio di lavoro o una prova di esame orale, un dialogo con un superiore – docente, capoufficio, ecc. –) è ovviamente opportuno non adoperare questa costruzione piuttosto marcata, onde evitare di dare la sensazione di non essere in grado di adeguare il proprio livello espressivo alla situazione in cui ci si trova.
Nella scrittura creativa (dalla pubblicità al romanzo), il copy o lo scrittore può benissimo fare uso di espressioni come a me mi per imitare la lingua parlata. Come opportunamente annota Barbara Colonna nel suo Dizionario degli errori e dei dubbi della lingua italiana (Newton Compton, Roma 20104, p. 18), l’espressione a me mi «in ambito scolastico è meglio evitarla, essendo generalmente rifiutata».